OSSIDIANA TIME 28
newsletter semestrale di Ossidiana Centro Culturale e di Espressione

dicembre 2007
quattordicesimo anno



La Bibbia
Marco Cavalli propone l’inosabile: un corso di introduzione
alla lettura della Bibbia

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Dopo aver affrontato numerosi capolavori romanzeschi della letteratura europea, dopo essere passato attraverso la memorialistica (l’autobiografia di Giacomo Casanova), il teatro (Il Tartufo di Molière), la favola (Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll) e persino il poema omerico (l’Iliade), Beato chi legge tenta l’inosabile: un corso di introduzione alla lettura della Bibbia. Cosa riserva un corso sul libro dei libri? Lo chiediamo a Marco Cavalli, titolare del corso.

Perché proprio la Bibbia?
Potrei rispondere perché è il libro che più di ogni altro ha influenzato la storia dell’umanità. Chi potrebbe smentirmi? È lì che la civiltà occidentale affonda le sue radici. La nostra cultura è ormai del tutto secolarizzata eppure continua a rimestare in quel brodo primordiale, seppur adoperando un mestolo lungo. La letteratura stessa si è sempre confrontata con la Bibbia. Un’ infinità di autori e di opere letterarie esteriormente insospettabili fanno riferimento in misura diversa alla Bibbia e se ne servono come di un nucleo di suggestione. John Milton e William Blake, per citare solo un paio di nomi, non hanno mai fatto mistero del loro debito verso il Grande Libro. Ma non tutti sanno dell’ascendente esercitato su scrittori quali Miguel de Cervantes, Herman Melville, William Faulkner, James Joyce, Thomas Mann, Aldo Palazzeschi. Non parliamo poi dell’arte figurativa antica, i cui soggetti, quando non traggono ispirazione dalla mitologia greca, si rifanno a motivi e figure e aneddoti biblici. Non si ha idea di quanto una qualche conoscenza della Bibbia favorisca l’approccio con la pittura. Sai perché spesso ci capita di rimanere ciechi di fronte ai valori formali di un quadro raffigurante una scena o un episodio biblico? Perché non riusciamo a decifrarne i contenuti. Essi ci stanno di fronte come degli oracoli e ci sfidano a oltrepassarli. Cosa che non si può fare, perché è una parte di noi che dovremmo abbandonare lungo la strada. Noi proveniamo da quelle storie, da quei miti, da quel linguaggio. Ma questa è la risposta che non darò alla tua domanda.

E quale sarebbe la risposta che vorresti dare?
Scelgo la Bibbia principalmente perché è un gran bel libro. Non leggerlo mi sembra, tanto per stare in tema, un peccato imperdonabile, di quelli capitali. Come si fa ad adoperare in continuazione l’espressione “ho una pazienza di Giobbe” senza provare mai il desiderio di leggere il libro che prende il nome da questo personaggio? E invocare la “manna dal cielo” non sapendo di che si tratta? Uno degli scopi che mi prefiggo in questo corso è di mostrare quanto più ricca sia la Bibbia rispetto all’immagine o al ricordo che ne abbiamo. Ad esempio nella Bibbia sono presenti in embrione tutti i generi letterari: la poesia lirica, la poesia erotica, la letteratura filosofica e sapienziale, l’epopea, la cronaca storica. Manca solo il romanzo – a meno di non voler chiamare con questo nome (e questo sì costituisce un azzardo, per quanto allettante) i Vangeli. Tentare nei limiti del possibile una lettura della Bibbia mi sembra anche un gesto di riparazione nei suoi confronti. Per secoli se ne sono lette versioni purgate che omettevano episodi scomodi, imbarazzanti e scabrosi.

Non è una sfida un po’ arrischiata, quella di offrire la Bibbia come un libro di lettura?
Chiariamo bene una cosa: non è mia intenzione proporre una lettura integrale della Bibbia. Non sono mica matto. Quel che mi riprometto è di suscitare il desiderio di leggerla. A me preme comunicare un certo contegno nei confronti del libro, non delle nozioni. L’enciclopedia sulla Bibbia prima di aver letto la Bibbia ingenera in me sentimenti di stanchezza e di noia sconfinate; mentre nutro una curiosità viva e quasi una tenerezza di natura intellettuale verso le enciclopedie personali che si formano per effetto della lettura della Bibbia. Non ho credenziali speciali che mi abilitino a parlare della Bibbia; mi accontento della qualifica generica di lettore. Certo, io non sono quel che si dice un lettore sprovveduto; ma se mi fossi vergognato di esserlo, lo sarei ancora. Se ora capisco la soggezione che la Bibbia può ispirare, è perché mi sono abilitato a provarla. Per meritarselo, questo sentimento di soggezione, bisogna dargli appuntamento alla fine del libro, non all’inizio. Il rispetto per i contenuti religiosi non c’entra niente. A me i contenuti religiosi interessano in quanto la loro conoscenza sostiene e integra la lettura in senso estetico. So per lunga esperienza che cogliere la bellezza di una immagine, di una frase, conduce a spostare l’attenzione anche sulle componenti extraestetiche di quell’immagine, di quella frase; cioè sui dati storici, religiosi, antropologici ecc. Non sono altrettanto sicuro che le informazioni storiche e religiose e antropologiche sulla Bibbia ne promuovano la lettura. Forse ne faciliteranno lo studio; ma per l’appunto, Beato chi legge non si occupa di libri che per farsi leggere richiedono prima di essere studiati.
Marco Cavalli


Gioco e ricerca per far immaginare

Nel lavoro di illustratore si parla spesso di “creatività”, ”originalità”, parole che possono facilmente trasmettere la falsa impressione che le idee appaiano spontaneamente di propria iniziativa. La mia esperienza è che l’ispirazione ha più a che fare con la ricerca, e la creatività con il giocare con ciò che ci circonda. Infatti ogni lavoro di illustrazione contiene diversi ingredienti, gli esperimenti, le prove e la trasformazione di queste in immagini che a loro volta aiutano a immaginare.
L’illustrazione non è una rappresentazione didascalica del testo e nemmeno quel termine spesso usato, nel mondo dell’arte, con tono quasi dispregiativo: è “mera illustrazione”, incapace di avere autonomo significato, un qualcosa di puramente descrittivo.
E’ invece un rapporto simbiotico tra due mezzi di espressione: scrittura e pittura.
Pensate alla Cappella Sistina: Michelangelo ha preso un brano della Bibbia, Dio che soffia la vita nell’uomo. E cosa ha fatto Michelangelo? Ha disegnato il dito di Dio che tocca il dito di Adamo. Non è esattamente così che si soffia... Forse avrebbe dovuto disegnare la bocca di Dio che soffia nella bocca di Adamo, ma sarebbe sembrata una respirazione bocca a bocca. E allora ha pensato alle dita. Nessuno all’epoca si sarebbe posto il problema di “trasformare” parole in immagini.
L’immagine che accompagna un testo è strumento per immaginare, apre altre storie, stimola nuove chiavi di lettura. Una finestra per imparare a “leggere” in senso lato, ad esplorare i rapporti tra le parole, le immagini, il mondo. E’ l’interesse verso il gioco, per adulti e bambini, il guardare le cose da angolazioni insolite, mettendo in discussione l’esperienza quotidiana, in un tempo dilatato, non scandito da una durata specifica.
L’illustrazione va “oltre le parole”, racconta anche cio’ che non è scritto. Apre gli occhi e coinvolge. Più le illustrazioni e il testo sono di qualità, più è grande questa magia. Per questo l’illustrazione è fondamentale in un libro per bambini. E la migliore è quella che ha sempre qualcosa da raccontare, che fa aprire il libro al bambino ogni volta come se fosse la prima, che lascia aperte delle possibilità, che racconta senza forzare, che stimola senza creare stereotipi, dove le immagini giocano con il testo in un equilibrio narrativo perfetto.
Per ricercare questa qualità, e per arrivare al cuore di chi mi leggerà, quando illustro una storia, cerco di esprimere anche il mio vissuto. Le lettere che corrono in linee ordinate attraverso il bianco del foglio, si trasformano per me in immagini magiche e avvenimenti. Anche se alcune storie sembra non abbiano niente a che fare con la realtà e si diramano in sorprese di ogni tipo, dilatando possibilità infinite come elastici immaginari, alla fine riportano sempre a noi stessi. E’ così che nascono le mie illustrazioni.
Anche la scelta dei colori è per me molto importante, aiuta a creare la giusta atmosfera. I miei acquarelli diventano parte del racconto, rendono quasi “fisico” il rapporto con le immagini, fanno vivere le parole per far entrare il bambino nella storia, nelle atmosfere create dallo scrittore, ed il ritmo delle immagini fa sì che il bambino, ma anche il genitore che gli sta leggendo la storia, abbia voglia di girare la pagina per vedere cosa accadrà. Il libro è un oggetto meraviglioso. Entra a far parte della vita del lettore e la rende magica, fa conoscere e capire meglio se stessi e gli altri. Apre la mente, fa riflettere, immaginare. Fin da quando si è bambini è un aiuto prezioso per affrontare la vita. Appassionare un bambino alla lettura è uno dei regali più belli che gli si possa fare. Per Kweta Pacovskà, famosa illustratrice, “un libro illustrato è la prima galleria d’arte che un bambino vede”.
Amo raccontare attraverso le immagini. E’ una passione che abbraccia il mio modo di vedere le cose. e mi emoziona sempre sapere che un bambino ha fra le mani un libro con le mie illustrazioni.
Marina Marcolin


Piccole AVA crescono

Associazione Veneta dell’Acquarello, al di là del nome è un’associazione che apre a tutti gli appassionati di questa arte, spesso percepita, nel mondo della pittura, come figlia di un dio minore, un’arte con il suo largo respiro acquatico, lunare, velato ed arioso, impalpabile e misterioso nell’evocare emozioni e nell’incidere desideri in chi l’osserva.
Tra un po’ AVA compirà un anno di vita. Nata da una idea che l’eclettico e conosciuto artista, acquarellista, cartoonista,…., nonché attuale presidente, Toni Vedù, covava da lungo tempo. Nata a gennaio 2007 ha già una quarantina di iscritti, la maggior parte acquarellisti, ma anche appassionati che di pennelli e colori amano gustare il prodotto finito, quando è ben incorniciato e magari appeso ad una parete.
Il nome scelto vuole essere un riferimento di luogo, come dire la sede è qui, come allo stesso modo in cui troviamo le varie associazioni di acquarello nel mondo, dalla Milanese AIA alla Minnesota Watercolor Society, passando per la storica Royal Watercolour Society britannica o l’Istitut Europeen de l’Aquarelle belga.
Un anno è passato in fretta e qualcosa si è cominciato a fare, memorabile l’incontro con Giuseppe Pozzan, gallerista storico di Vicenza, ora pensionato che si gode la vita, grande appassionato di acquarello e poetico acquarellista egli stesso, ma il 2008 ci aspetta per continuare con sempre nuove e interessanti attività già in cantiere: incontri con pittori, concorsi di pittura, contatti con le altre associazioni, visite a mostre ed esposizioni.
Ossidiana è orgogliosa di aver contribuito alla nascita e di dare sostegno e collaborazione a tutto questo, perché quando c’è cultura, quando c’è arte, quando c’è curiosità per il nuovo, l’altro, il bello si incontra la mission di Ossidiana.
Chiunque desideri avere contatti, informazioni, ma anche dare consigli, espimere pareri scriva ad avavicenza@libero.it e sarà il benvenuto. E non dimenticate di farvi un giro su www.associazionevenetaacquarello.it. Buon 2008 a tutti.
Gianni Gastaldon.


L'intervista a
Marina Marcolin
Senza il gusto dell’osservazione, di una poetica e una forte immaginazione,
l’abilità è solo una questione di “stile” e di “effetti”

Da anni la pittrice ed illustratrice Marina Marcolin conduce corsi di Acquarello a Ossidiana. Ultimamente dedica il suo insegnamento anche a chi vuole imparare l’antica ed affascinante arte dell’illustrazione. Sensibilità, passione, tenerezza nei personaggi e nelle ambientazioni che escono dalla sua fantasia e dalla sua mano, capaci di catturare l’occhio ed il cuore di chi li osserva, ci hanno attirati a curiosare nel suo mondo per conoscerla un po’ di più.

Come si è sviluppata la tua passione?
Ho sempre disegnato, fin da bambina... e questo credo valga per tutti i bambini, solo che non ho mai smesso davvero di farlo! L’impulso di creare immagini è essenzialmente lo stesso, quando sei adulto, metti solo più esperienza nel farlo e diventi più critico nel processo.

Ci racconti il tuo percorso artistico?
Ho frequentato il liceo artistico e già allora mi ero appassionata di illustrazione. Successivamente ho frequentato dei corsi e degli stage con illustratori professionisti, ho cominciato a capire come funziona questo mondo, fatto anche di duro lavoro e dedizione, dove la ricerca artistica personale non finisce mai. Dopo diversi anni di studio, disegno, pittura, osservazione, concorsi e soprattutto incontri con gli editori alla Fiera del Libro per ragazzi di Bologna, sono arrivate le prime proposte di lavoro. Ho iniziato a pubblicare libri con case editrici estere (alcune molto importanti), spesso più “coraggiose” nell’investire su illustratori non ancora affermati. In questi anni ho pubblicato con editori greci, di Taiwan, italiani, spagnoli, svizzeri e un’immensa soddisfazione per me è stato ricevere l’anno scorso il premio dal Ministero della Cultura Greco come miglior illustratore straniero.

Cosa provi quando dai vita alle tue illustrazioni e quando dipingi i tuoi acquarelli?
Devi portare la passione in quello che fai. Se ti affidi alla passione di qualcun altro, se ti aspetti che sia qualcun altro a mettere passione nei progetti in cui sei coinvolto, non funziona. Riuscire a prendere una cosa e trasformarla in qualcos’altro è l’essenza del fare, dell’essere artista. Senza passione questo non può succedere. Tutto quello che accade è una ricerca o una scoperta, ma capita di riscoprire cose che avevamo dimenticato e che ora vediamo davvero.

Come procedi per illustrare un testo?
All’inizio le immagini sono confuse e si trasformano in tanti schizzi annotati su un taccuino, carte volanti, ci lavori al tavolo da disegno o ci pensi mentre lavi i piatti. La fase successiva è lo studio dei personaggi, dell’ambientazione, del ritmo anche cromatico del libro, i tagli e le inquadrature. Si prepara uno “story board”, una piccola sequenza di immagini da mostrare all’editore e, salvo modifiche, si iniziano a dipingere le tavole vere e proprie.

E come insegni ai tuoi allievi? Come li aiuti a superare le difficoltà?
Molto spesso gli allievi sono preoccupati di sbagliare, pensano che l’errore sia indice di fallimento o di scarse capacità. Quello che mi interessa far capire è che la vera gioia è il percorso, la scoperta, e che lavorando senza paura s’impara. Per me è davvero un’immensa soddisfazione quando i miei allievi dopo un po’ si ritrovano a guadare ciò che sta attorno a loro con occhi nuovi, notando cose che prima passavano inosservate come le forme e i colori.
E’ il piacere dell’osservazione e il desiderio di trasformarlo in pittura. In questo non ci deve essere la paura del foglio bianco, gli errori servono come punto di partenza per capire come risolvere una difficoltà. Mi piace accompagnarli in questo percorso fatto di incertezze ma anche di soddisfazioni. E’ come aprire nuove porte. Il “nemico” principale di solito è la fretta. Per imparare una cosa è necessario un po’ di tempo, facendo un passo alla volta e “sentendo” il significato di questi passi. Il risultato arriva.

Una bella soddisfazione anche per te!
Sì. Mi piace insegnare, mi da tantissimo. Il lavoro di illustratore tende a isolare un po’, sei spesso solo nel tuo studio a lavorare. Insegnare mi permette di condividere quello che imparo io con altre persone. Molto spesso hanno loro da insegnare a me! E’ bello vedere come scoprono il piacere della pittura, come sbloccano certi meccanismi basati solo sul risultato finale e imparano che il percorso non è semplice ma la soddisfazione è strettamente legata alle difficoltà.

Cosa consigli a ci vuole dedicarsi a queste attività?
Già per chi si avvicina alle discipline artistiche a livello amatoriale è necessario cercare di lavorare e di esercitarsi il più possibile, se lo si vuole fare come mestiere, allora il lavoro deve essere ancora più impegnativo. E’ una questione di dedizione. Parole come “talento”, ”ispirazione” occupano solo in minima parte il lavoro artistico, che è fatto soprattutto di impegno, volontà, pazienza, costanza e molta determinazione.

Per acquisire le competenze tecniche?
La competenza tecnica per un artista è ovviamente necessaria, ma è solo uno strumento per la realizzazione di idee. E’ importante imparare a guardare le cose per il tempo desiderato e lasciarsi portare dall’immaginazione, che per un bambino è più naturale, per un adulto è una riscoperta. Senza il gusto dell’osservazione, di una poetica e una forte immaginazione, l’abilità è solo una questione di “stile” e di “effetti” che non hanno molto valore. Credo sia importante nutrirsi di tutto ciò che può arricchire la sensibilità visiva: storia dell’arte, cinema, fotografia, letteratura... ma anche conoscere chi ci vive a fianco o soffermarsi su cose che si danno per scontate... Un “regno d’ispirazione” che è radicato anche nella vita quotidiana. “L’Arte” come ci ricorda Einstein, ”è l’espressione del pensiero più profondo nel modo più semplice”.
Gianni Gastaldon