Fotografo
e informatico di lunga esperienza, da alcuni anni concilia l’attività
dei suoi due emisferi cerebrali anche nei frequentatissimi corsi di
Fotografia e di Photoshop a Ossidiana.
Domanda
di rito: come si è sviluppata la tua passione per la fotografia?
Mi fai venire in mente la camera dei miei genitori, l’armadio
e il cassetto con dentro un’Agfa Gevaert a soffietto, formato
6x6, tutta nera e cromata, con la custodia in cuoio. Il rumore soffice
dell’apertura dell’anta con l’obiettivo, il ronzio
dello scatto dell’otturatore... Un giocattolo proibito per un
bambino, ma poi è stato con quella macchina, oggi tra antiquariato
e modernariato, che cominciai a scattare foto. E per qualche anno solo
in bianco e nero.
Cosa ti
piace dell’insegnamento?
Ci si deve mettere in gioco continuamente, trovando spunti ogni volta
diversi per interessare chi ti sta di fronte e magari risolvere in breve
problemi spesso legati a tematiche lavorative. La tecnica ha un peso
notevole nei corsi di fotografia digitale e computergrafica, e dato
che soprattutto per quest’ultima ci sono aggiornamenti continui,
c’è sempre la necessità di mantenersi preparati.
Non si smette mai di imparare!
Oltre alla
tecnica, si può trasmettere ad un allievo il piacere della fotografia?
Non ho mai avuto bisogno di sollecitare in nessuno il piacere per la
fotografia: in tutti ho sempre trovato grandissimo interesse e voglia
di conoscere. Bisognerebbe forse parlare di creatività…
una parola difficile da gestire, per-ché spesso viene usata a
sproposito, e la creatività non la si vende un tanto al chilo…
Al massimo si possono dare dei suggerimenti e qualche metodo. Chi ha
cominciato a usare le reflex digitali, ora parla più di inquadrature,
tagli, di funzione della luce che di soli megapixel. Era ora! Ecco spiegata
anche la ragione dei prossimi corsi monografici su inquadrature e tagli
e sul movimento.
C’è
un notevole interesse a imparare a fotografare, perché?
Si sono aggiunti nuovi adepti alla fotografia, con l’avvento del
digitale: erano persone che mai prima avevano preso in mano una macchina
fotografica. Se poi pensi che la fotografia digitale non si esaurisce
con il solo maneggiare una fotocamera, ma che continua proprio con l’uso
del computer, il motivo è facile da trovare. Solo che poi cominciano
i guai. All’inizio tutto sembra semplice: ma poi le foto sono
sfuocate, i colori delle stampe non sono gli stessi del monitor, usare
Photoshop fa venire il mal di testa…
E cos’è
la fotografia per te?
Sollecito sempre i partecipanti ai corsi a chiedersi a che serve quello
che stanno fotografando e il modo in cui lo stanno inquadrando. Non
penso siano domande peregrine. Mi dirai che forse soffro di eccessivo
“funzionalismo”. Nel lavoro però si impara prima
a pensare, poi a scattare. Si gira, attorno al soggetto per vederne
i lati migliori, sia per il ritratto di una bella donna, che per la
foto di un tavolo da far finire su Internet a 200x150 pixel. La fotografia
digitale ha sicuramente abbassato il costo per singolo scatto, ma ha
anche portato a una bulimia di immagini che sarebbe meglio curare. Immaginare,
prima di scattare: non mi stanco di ripeterlo. E la fotografia, se poi
abbinata all’informatica, è mettere in moto velocemente
l’immaginazione.
Così
con il digitale addio a pellicole, ingranditori, ecc?
Lo zoccolo duro degli utilizzatori della fotografia analogica, resisterà
ancora per molto tempo, ne sono certo, ma si assottiglierà sempre
più. E’ che oggi l’intera catena di produzione immagini
lavora con mezzi informatici. Magari chi era abituato prima a usare
diapositive e quindi a vedere immagini proiettate, ha fatto meno fatica
ad adattarsi al nuovo modo di vedere, offerto dall’informatica.
Chi invece vedeva le proprie foto stampate o se le stampava in proprio,
penso al bianco e nero, credo consideri la foto digitale quanto di più
gelido possa esistere. Posso capirlo: le mani negli acidi di sviluppo
e fissaggio le ho messe anch’io.
Sei uno
della “vecchia scuola”?
Sì, devo ammetterlo. Solo che non sono rimasto fermo a vaschette
e ingranditore. Sia per lavoro che per interesse personale ho sviluppato,
oltre alla fotografia, competenze in programmi di fotoritocco, impaginazione,
presentazione, creazione siti e animazione e altro. Sono tutte conoscenze
necessarie per una buona offerta agli allievi dei corsi: le loro domande
sono le più varie e complesse. Ovviamente sono gradite risposte
adeguate.
Allora meglio
un corso di foto digitale o uno di Photoshop?
Più di qualcuno dei partecipanti a corsi di fotografia
digitale ha successivamente frequentato il corso di Photoshop. Anche
se a Gianni Berengo Gardin, il fotografo di Venezia per antonomasia,
non piace chi usa Photoshop bisogna pur dire che cercare di correggere
una foto mal riuscita non è peccato. Gli ipercritici chiuderanno
un occhio. Comunque una brutta foto resta brutta anche se fai magie
con Photoshop: meglio fare attenzione cinque minuti di più in
ripresa, che perdere ore di correzione davanti ad un monitor.
Le tue lezioni
sono molto frequentate. Cosa dovrebbe essere in grado di fare un corsista
dopo un corso?
Per favorire la comprensione, adatto ogni volta la scaletta dei programmi
alle competenze medie degli allievi. Faccio mio un detto cinese: “L’esercito
marcia con il passo del soldato più debole”. Spero che
chi fotografa, avrà avuto lo stimolo a mantenere sangue freddo
davanti a tutti quei bottoncini misteriosi e chi usa Photoshop migliorerà
almeno i rapporti famigliari sapendo come togliere qualche ruga alla
suocera. Troppo poco? Photoshop è diventato un programma monstre:
sapere quali sono le funzioni principali tra oltre 600 comandi credo
sia un buon punto di partenza per conoscerne almeno l’80% della
“filosofia”. Aggiungici il resto in ispirazione ed avrai
un eccellente apprendista stregone.
Gianni Gastaldon
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