OSSIDIANA TIME 11
newsletter semestrale di Ossidiana Centro Culturale e di Espressione

settembre 1999
sesto anno



Piccoli pensieri quando una piccola esperienza apre una piccola finestra sull’infinito
A scuola di pittura


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Le mostre di olio ed acquarello degli allievi di Ossidiana, presso lo Studio Pozzan di Vicenza, si sono appena concluse. In esposizione i segni, i colori e lo spirito di chi quest’anno ha frequentato i nostri corsi.
Olio ed acquarello, disegno e trompe l’oeil, mani sensibili e trepidanti, sensi all’erta per cogliere l’anima di ciò che viene insegnato e tanta passione. Questo è ciò che ho notato durante questi anni alle nostre lezioni di pittura.
All’inizio di maggio abbiamo trasferito a Parenzo la scuola di pittura per tre splendidi giorni “en plein air”. Ho osservato come si può stare per ore a dipingere al sole sugli scogli in riva al mare o fra le ombre fresche della pineta, e ho ammirato con stupore le cose belle che gli allievi avevano dipinto.
Quest’anno siamo andati a visitare le mostre di Munch e di Modigliani al Museo d’Arte Moderna di Lugano ed ancora una volta gli occhi non mi si stancavano di catturare e portare dentro di me la pregnanza delle opere che vedevo.
E’ da anni che sono profondamente convinta che dedicarsi alla pittura, o a qualsiasi altra forma di arte e di espressione, sia un’occupazione tanto splendida quanto necessaria per chiunque, ma sono ugualmente rimasta profondamente colpita ed affascinata quando, finalmente, per ragioni banali quanto insolite, mi sono ritrovata io stessa a dover dipingere una piccola cosa. Dopo tanti, tanti anni in cui non ho toccato pennello, mi sono improvvisamente immersa nel mondo dei colori, ho lasciato la mia traccia, ho dato vita a delle forme, ho provato il piacere profondo di sospendere il tempo e di entrare in uno spazio dilatato, libero da qualsiasi pensiero. Allora ho ricordato che a scuola mi piaceva proprio tanto disegnare e dipingere, e ho realizzato che, spesso, in questi anni in cui Ossidiana è cresciuta e con essa si è andata sviluppando una credibile e frequentata scuola di disegno e pittura, spesso ho desiderato fermarmi un attimo, a dipingere anch’io, a riattivare ciò che ho mandato in letargo tanto tempo fa. Allora ho compreso l’espressione appagata e assorta di chi vedo ogni settimana davanti alla propria tela, sopra al proprio foglio, che con occhi attenti e mano disinvolta ricrea un piccolo pezzo del proprio mondo, colorandolo con l’umore della giornata e facendolo vivere con l’energia del suo essere.
Molti dei nostri allievi mi hanno spesso detto che adorano venire a dipingere, che aspettano il giorno di lezione come un momento tutto dedicato a se stessi, che quando entrano nella sala di lavoro già si sentono sollevati dai pensieri quotidiani e stanno bene. Ho sempre creduto a ciò che mi raccontavano. Ora riesco anche a condividerlo.
Franca Pretto


Chiamato dagli Arabi “al-Maghreb al-Aqsa”
Colori e atmosfere del Marocco

Tra la sabbia delle spiagge e la sabbia del deserto si estende “l’estrema terra del sole che tramonta”. Tra le località turistiche sul mare e l’inquietante solitudine delle dune desertiche vive il suo popolo, ricco miscuglio di varia ascendenza, genti indigene delle tribù berbere mescolate ad altre stirpi giunte da lontano nello spazio e nel tempo, insediatesi qui a dare un proprio contributo alla cultura del paese.
Popolo aperto, ospitale, accogliente nell’incontro con noi, visitatori affascinati da tante bellezze in tanta diversità. Popolo cordiale che ci invita di continuo all’antica ma ancora ben radicata tradizione del mercanteggiare, vera e propria arte del contrattare, con le sue regole ed i suoi rituali che si ripetono per ogni acquisto e che permettono di gettare un ponte, di facilitare un incontro, di scambiare qualcosa d’altro oltre la merce, di fare due chiacchiere, di riposare per alcuni minuti all’ombra e di gustare assieme un dissetante tè alla menta. Quando si tiene tra le mani un bicchiere bollente di questa bevanda si è travolti dal profumo fresco ed avvolgente della menta che calmerà la nostra sete deliziando il palato. E di delizie che solleticano il nostro gusto la cucina marocchina ne offre di veramente valide ed invitanti, provenienti da lunghe e sapienti preparazioni che seguono antiche ricette gelosamente custodite. Tesori segreti. Ma il Marocco stesso è uno scrigno di splendide ricchezze. La sua terra affascinante e la sua vita vivace sono una continua, eccitante festa dei sensi. Qui tutto stimola la nostra sensibilità, ci spinge ad essere sempre più curiosi, ci solletica a fantasticare, ci emoziona profondamente, ci fa godere di spettacoli per noi inconsueti ma che su questa terra si ripetono ad ogni movimento del sole e delle stelle. E’ sufficiente addentrarsi in un souq per essere travolti dalle voci, gli odori, i colori, le atmosfere che vi regnano, oppure avventurarsi sulle dune a godere l’indimenticabile spettacolo del sorgere del sole, già leone e sovrano al primo sguardo dell’alba, capace di tingere con il suo oro tutto ciò che i nostri occhi riescono a catturare, fino a che noi stessi catturati dalla sua potenza abbagliante non troviamo rifugio, ristoro, benessere all’ombra delle palme, madri silenziose, accoglienti per il nostro riposo. Ma anche qui dopo la prima benefica, meravigliosa sosta, ben presto il fiume delle emozioni ci spinge a guardare più avanti dove luce ed ombra giocano violentemente a contendersi l’aria attorno al palmeto che si snoda rigoglioso e padrone lungo il corso dell’oued, intervallandosi ad orti verdissimi e abitazioni emerse dalla terra, confuse con la terra. Terra ricca di fossili e colorata dai minerali, massicci granitici, pianori pietrosi, infinite distese di sabbia dorata e sottile come seta, foreste, boschi, steppe, verde brillante dei palmeti, blu profondo del mare. A fare da contrappeso a tante bellezze e diversità naturali le splendide città imperiali con i loro ricchi palazzi, le moschee, i minareti, le fortificazioni. Strabilianti le medine, veri labirinti di strade, case, cortili, giardini, piazze, fontane e mercati. E nel souq l’emozione si fa vertigine di fronte agli odori forti delle spezie, ai colori delle lane e dei tappeti, alla lucentezza delle ceramiche e delle sciabole, al profumo delicato dei legni lavorati e alla robustezza degli oggetti in cuoio. Ma oltre all’artigianato ed al commercio anche le arti hanno un’anima ricca ed antica in questa terra. Musica, danza, teatro, architettura, pittura hanno accompagnato e continuano a vivere nella storia di questo straordinario paese.

La Redazione


Strategie mentali di fronte alla crescente imprevedibilità
Riaccendere la creatività

In un libro di qualche anno fa, C. Handy, un sociologo ed economista della London Business School, ipotizzava che stessimo entrando nell’epoca della Non Ragione. La certezza e la razionalità che hanno caratterizzato la conoscenza degli ultimi tre secoli, sembrano sgretolarsi davanti ad un mondo e ad una società sempre più privi di riferimenti certi. Il fenomeno è rilevante non solo nel campo dell’economia, ma assume connotazioni macroscopiche anche negli aspetti della quotidianità, nei rapporti interpersonali, nel modo di vivere.
In questo contesto, caratterizzato da crescente imprevedibilità, costellato di cambiamenti repentini e non pianificabili, i tradizionali atteggiamenti mentali non sono più sufficienti a trovare soluzioni adeguate ai numerosi problemi che incontriamo sia nel lavoro che nel quotidiano. L’esperienza, da sola, spesso si tramuta in una “fissità funzionale”, cioè in una cristallizzazione dei comportamenti in risposte che, se hanno funzionato per il passato, oggi non sono più garanzia di successo. La flessibilità è divenuta la nuova parola d’ordine, il paradigma rispetto al quale si chiedono comportamenti innovativi e la disponibilità a cambiare.
I recenti studi di H. Gardner hanno portato a scoprire che la strategia di risposta dell’individuo ai problemi che lo riguardano, si articola in modalità differenti, che attivano altrettanti tipi di intelligenza. Così abbiamo appreso che l’intelligenza logica, per molti decenni considerata la principale risorsa nel Problem Solving, da sola è insufficiente a garantirci la sopravvivenza. Ultimamente ha acquisito particolare rilevanza e dignità l’Intelligenza Creativa, non più vista come risposta a problematiche esclusivamente afferenti al mondo dell’arte e dell’espressione, ma come strumento principe in qualsiasi strategia di Problem Solving in cui si richieda di innovare rispetto al passato.
La creatività è una risorsa che ciascuno di noi possiede e che può utilmente essere riscoperta ed utilizzata costantemente. La psicologia ha dimostrato che non esistono individui privi di creatività: si tratta solamente di trovare il modo di ravvivarla. Certamente l’ambiente in cui si opera può favorire od ostacolare il ricorso a tale abilità. Una classe, una famiglia, un’impresa possono sviluppare le regole e le strategie adatte a “riaccendere” e ad utilizzare la creatività delle persone che operano al loro interno.
Oltre all’ambiente, diviene fondamentale l’acquisizione di un metodo di lavoro. Contrariamente a quanto si crede, la creatività non è la folgorazione che colpisce il genio: si tratta invece di una precisa strategia mentale che alcuni mettono in atto spontaneamente (i cosiddetti creativi), ma che ciascuno può riprodurre opportunamente. Si tratta di vincere una serie di blocchi, che non sono solamente di tipo culturale, ma che interessano anche l’ambi¬to percettivo ed emozionale. Frequentemente si tratta di paure, di vincoli o di autocensure che mettiamo in atto inconsapevolmente.
La psicologia applicata si è interessata alla creatività a partire dagli anni ‘50, elaborando una serie di studi e di ricerche fondamentali per comprendere questa prerogativa umana. Soprattutto grazie agli studi antesignani dello statunitense P. Guilford, ma anche grazie al contributo di ricercatori europei, si è arrivati a conoscere le caratteristiche proprie del pensare creativo. Da qui si sono sviluppate numerose tecniche e metodologie che si sono diffuse già dagli anni ‘70 soprattutto in ambito scolastico e solo successivamente nei contesti produttivi.
Ritornare ad essere creativi, quindi, non è un desiderio irrealizzabile: mediante il lavoro e l’allenamento, ognuno è in grado di riapprendere questa risorsa. Si tratta di attivare una sorta di Mental Jogging, in modo da consentire la riattivazione di questa energia assopita a causa dello scarso impiego.
Anche in Italia gli specialisti che si occupano del settore hanno elaborato percorsi di addestramento e di rinforzo. Un indicatore significativo è rappresentato dalla quantità crescente di testi e manuali dedicati all’argomento.
“Anch’io sono creativo”, quindi, è un’affermazione che ciascuno di noi è legittimato a fare senza paura di essere tacciato di narcisismo.
Ferruccio Cavallin


Un alleato per sentirsi bene e sicuri
Ascoltare il corpo

In molte attività che riguardano il nostro corpo, e quindi noi stessi, esiste proprio la cattiva abitudine di maltrattarlo e assoggettarlo, di abusare di lui, nella cieca convinzione che più si sente male e più si ottiene. Ma la brutalità, come modalità di intervento, non fa mai una gran bella figura e non é neppure forza, né tantomeno autorevolezza, come alcuni ancora credono. Il nostro corpo, a pensarci bene, é dotato di grande disponibilità, capace di adattarsi a tutto ciò che gli richiediamo di fare e di non fare. E’ inoltre un saggio amico fedele, ci manda tutti i segnali necessari per informarci delle situazioni che potrebbero esserci dannose; e, spesso, ferma la nostra frenesia e non ci permette di continuare a trascurarci. Purtroppo noi non lo ascoltiamo, non prestiamo attenzione a ciò che ci dice e spesso siamo solo capaci di arrabbiarci quando i suoi messaggi arrivano all’esasperante esperienza del dolore acuto, o ci risentiamo con lui se cadiamo ammalati.
Pensiamo a lui in termini di malattia, di inadeguatezza, di stanchezza, di dolore e così via. Quasi mai ci soffermiamo ad ascoltarlo, a sentirlo nelle sensazioni di benessere che può regalarci, nella sua/nostra capacità di cogliere attraverso i sensi le cose belle della vita, a tutte le azioni che può/possiamo fare e che ci portano in contatto con il mondo e con gli altri, alla possibilità che ci offre di rilassarci e riposare solo se non avessimo la nostra mente sempre vigile con tutto e tutti sotto stretto controllo.
Ma il nostro corpo siamo noi: è il nostro rifugio, il nostro sentire, il nostro essere al mondo. Racchiude in sé tutta la nostra vita e rivela tutta la nostra storia. Troppo spesso lo sentiamo estraneo a noi e non gli riconosciamo o permettiamo di vivere il dinamismo, la gioia e l’armonia che lo caratterizzano. E allora? Allora si può fare moltissimo per riconciliarci con noi stessi. Si può allenarsi a prestargli attenzione. Crescere nella consapevolezza di sé e del proprio corpo. Prendersene cura. Accettarlo nella sua bellezza imperfetta, lasciare che sia, che ci parli agendo le nostre emozioni forti e quelle sottili. Imparare a conoscerlo ed a conoscerci. Lasciare che respiri, non trattenerlo, ascoltare le sue parti e la loro organizzazione, sentire le tensioni e lo star bene, liberarlo dalle corazze muscolari, accorgersi che oltre alla forza e troppo spesso alla rigidità ci sono anche l’elasticità, la scioltezza, la fluidità. Percepire l’equilibrio, l’apertura, o i loro opposti, sentire le energie come correnti di benessere che circolano senza ostacoli. Sentirlo nella sua unità profonda e indissolubile, rispettare il suo ritmo, usare le possibilità splendide che ci offre fidandoci di lui. Risvegliamo il nostro corpo, entriamo in contatto con noi stessi, abitiamolo con piacere, lasciamo che si muova, che riceva e che parli. Per sentirci presenti, protagonisti della nostra vita. Vivi.
Scopriremo sicuramente un alleato indispensabile alla nostra sicurezza interiore.
Franca Pretto


L'intervista a
Ferruccio Cavallin
Strumenti di crescita ed autonomia, in questa fase di transizione, da un formatore attento
al valore della persona.


Comunicazione efficace e, da quest’anno, Pensiero creativo e Problem solving sono i corsi che Ferruccio Cavallin, tiene a Ossidiana.

A Ossidiana, da anni abbiamo operato una scelta di attività e di metodologie che riguardano la conoscenza e consapevolezza di sé e la crescita personale. Come vedi questo focalizzare l’attenzione sull’individuo ?
Questa fine di millennio porta a riflettere su alcuni aspetti legati al vivere quotidiano di ciascuno di noi. L’idea di fine, di conclusione di un ciclo, anche se solamente evidenziata da una data relativa alla nostra cultura, induce a pensare al concetto di “Bilancio” , di riassunto valutativo di ciò che è trascorso. La stessa situazione, però, induce a ipotizzare e a presupporre ciò che riserverà il futuro. La fine della Modernità ed il passaggio alla Post Modernità sono state segnate dalla messa in crisi dell’illusione che la conoscenza potesse costituire l’elemento di rassicurazione davanti all’eterno dilemma umano della morte e del senso dell’esistenza. Noi, figli dell’Illuminismo, siamo vissuti per anni nell’illusione che la possibilità di conoscere e comprendere significasse governare i processi e gli eventi oggetto di tale indagine. Il paradigma della scienza, il metodo scientifico ci hanno indotto a pensare ad un mondo e ad un futuro prevedibili sulla scorta di leggi esatte e vere perché “scientifiche”.
Galileo, Cartesio, Newton sono stati i personaggi emblematici della certezza della conoscenza, come lenimento ai dubbi, come lente indagatrice nella scoperta del vero.
Questa illusione, però, sta tramontando come il Millennio che se ne va. Il principio di Indeterminatezza di Heisenberg, il pensiero Fuzzy, la caduta delle ideologie e la crisi delle grandi religioni, sono alcuni dei segnali che indicano il progressivo ingresso in un periodo dove l’unica certezza sarà l’incertezza.
La stessa scienza, ultimo baluardo della fede nella possibilità di conoscere, mostra limiti sempre più evidenti. Al massimo, come ci ha insegnato Popper, curiosamente vicino ad un atteggiamento caro a Socrate, potremo essere sicuri di ciò che non conosciamo.
In questo contesto, in cui i riferimenti esterni all’individuo si stanno sgretolando, nasce la necessità di trovare nuovi riferimenti che aiutino a ricostruire il senso dell’esistenza e del mondo.
In questa evoluzione verso nuova consapevolezza, secondo te, quale può essere la nostra ricerca, dove appoggiarsi, come convogliare le nostre energie?
Non a caso assistiamo al proliferare di movimenti culturali divenuti popolari, come la corrente New Age, incentrati sulla riscoperta di nuove certezze, di nuovi valori fondati sull’individuo e sul suo mondo interiore.
Sembra riacquistare peso la persona come soggetto autoreferente, rispetto a certezze e a verità fino ad oggi acquisite dal gruppo e dal collettivo.
Assistiamo alla ricerca del potenziamento delle risorse e delle capacità della persona nel valorizzare ciò che è intrinsecamente, al desiderio di riappropriarsi dell’umanità con tutti i suoi limiti come paradigma di una nuova certezza.
La Psicologia, maturata come scienza in questo secolo, diviene la disciplina che con la Filosofia e l’Etica potrà accelerare l’empowerment dell’individuo ed il suo affrancarsi dalla necessità di omologazione e verità esterne.
Certo, esiste un lavoro ancora molto lungo, se si pensa al rischio che altre sicurezze effimere sostituiscano quelle divenute obsolete. Viene da pensare, ad esempio, all’attuale rapporto tra Persona e Mercato, dove quest’ultimo diviene la nuova divinità a cui conformarsi.
Allora, quali risorse abbiamo e di quali strumenti possiamo avvalerci?
La Creatività individuale, la gestione dell’Ambiguità e la propensione alla Relazione interpersonale assertiva divengono gli strumenti principali per affrontare questa fase di transizione verso l’indipendenza. Le competenze tecniche e professionali, per lungo tempo inseguite come elementi di identificazione e di spiegazione, non sono più in grado, da sole, di dare sicurezza e certezza alla persona. L’intelligenza emotiva e creativa hanno riacquistato la dignità che per molto tempo è stata dominio esclusivo dell’intelligenza logica.
Tuttavia, non è più possibile affidarsi al semplice buon senso nelle relazioni ed alla creatività innata. La complessità dei rapporti e delle vicende della vita obbliga a tenere presenti aspetti sempre variabili e nuovi. Ciò significa che anche in tali contesti è indispensabile apprendere gli strumenti più adatti, i mezzi che finora abbiamo acquisito esclusivamente per imitazione delle persone di riferimento nell’ambiente in cui viviamo.
Un percorso di educazione all’autonomia individuale deve considerare queste abilità (relazioni assertive, creatività strutturata e gestione dell’ambiguo): in questo modo l’individuo potrà costruire l’indipendenza di cui abbisogna. C’è da notare, però, l’enorme ritardo che le centrali educative presentano ancora in questo campo. E’ ancora radicata l’illusione che la conoscenza logico-matematica sia la capacità chiave nella nostra società. E’ una visione miope che si basa soprattutto su una lettura ancora Moderna del mondo, ma che non considera i trend in atto.
Nei tuoi libri, ormai arrivati a quota sette, ti occupi con particolare interesse ed attrazione sia al tema della creatività che a quello della comunicazione nelle relazioni. Qual è la tua formazione e di cosa ti occupi attualmente?
La formazione alla Psicologia Applicata, maturata in Italia (dopo gli studi all’Università di Padova e di Trento) e in Francia mi ha portato ad un’attività di consulenza e di formazione per organizzazioni aziendali e singoli. La specializzazione conseguita riguarda la Psicologia delle Organizzazioni e di Comunità.
Attualmente opero come libero professionista in collaborazione con alcune società e con associazioni anche nel campo del disagio.
Gianni Gastaldon