Ossidiana
quest’anno rinnova il Progetto Teatro con la nuova proposta per
il corso annuale di Teatro e Re-citazione condotto da Carlo Presotto
che ha ideato un avvincente percorso di studio e di gioco lungo la “via
della seta” sulle tracce di Marco Polo….e molti altri. Aspettando
impazienti l’inizio di questo viaggio teatrale cerchiamo di catturare
alcune informazioni direttamente da Carlo Presotto, attore, animatore
teatrale e docente universitario a Venezia,, per avere in anteprima
un assaggio delle sorprese che ci attendono.
Come si è sviluppata la tua passione per il teatro?
Come spesso succede c'entrano le stagioni della vita. Ho avuto la fortuna
di essere accompagnato durante l'adolescenza da teatro, musica, grafica.
Poi, un caso, il trasferimento a Milano, il 1977, il liceo sperimentale
sulla comunicazione, e un clima culturale fatto di incontri con Bruno
Munari, Dario Fo, Luigi Lunari e il Picco-lo, Quelli di Grock. Ho cominciato
a giocare da piccolo e non ho più smesso…
Quale il tuo percorso artistico?
La mia formazione si è svolta su più terreni differenti.
Il primo quello della pratica della comunicazione come esigenza personale,
come irriducibilità nei confronti della violenza, dell’alienazione,
della superficialità. Il secondo su quello teorico, a partire
dalla scuola dell’animazione teatrale, che ho conosciuto per prima
attraverso Claudio Montagna del teatro dell'angolo di Torino e poi attraverso
la frequentazione di amici e maestri come Mafra Gagliardi, Remo Rostagno
e molti altri. Il terzo su quello delle tradizioni teatrali, attraverso
gli studi e gli incontri universitari con Renata Molinari, Gerardo Guccini,
Carmelo Alberti. Lo studio sulla maschera, l'apprendistato quotidiano
per lunghi anni osservando e copiando Titino Carrara, ma anche quello
sulla narrazione, con Marco Baliani e la generosissima Laura Curino
che ritrovo qui ad Ossidiana, o quello sul video con Giacomo Verde.
Il mio percorso di formazione è tutt'ora in atto, e riesco a
ricostruirlo parlando di incontri con persone per me straordinarie.
Come imposterai il lavoro nel nuovo progetto teatrale a Ossidiana?
Penso che sarà importante creare un bagaglio comune per le varie
persone che mi accompagneranno in questo viaggio. Imparare insieme ad
usare gli stessi strumenti, confrontandosi, per poi metterli al lavoro.
Condividere una fatica è un bel modo per conoscersi.
E’ difficile insegnare?
Sì. E' un lavoro basato sull'ascolto, che chiede moltissimo a
chi conduce. Il difficile sta nel cercare di tendere trappole successive
agli allievi, cercando di renderli di giorno in giorno più autonomi.
Ma soprattutto bisogna essere in grado di praticare e trasmettere il
dialogo con i propri limiti, il segreto più difficile dell'arte.
Cosa insegni ai tuoi allievi?
Che il teatro può essere parte della vita. Che di sicuro di essa
si alimenta costantemente. E, forse, della vita può essere alimento.
Che cosa vuoi dare ai tuoi allievi, cosa ti prefiggi?
Prima di conoscerli mi prefiggo di mettermi a loro disposizione,
a loro servizio. Ho una meta in mente, che si trova oltre le montagne
ed i deserti, nelle pianure della Cina. O meglio, che sta nella via
che unisce Venezia al Cataio, l'oriente all'occidente, il fare e lo
stare, il vuoto ed il pieno. Mi prefiggo di proiettare lontano un viaggio
nello spazio e nel tempo per compiere come in uno specchio un viaggio
verso il cuore di noi stessi.
E che tipo di strumenti offri?
Tutti gli esercizi appresi e praticati in questi anni, tutte
le sorprese ed i trucchi catturati allestendo tanti spet-tacoli, tutti
i libri letti e studiati compongono un bagaglio unitario di esperienza,
amalgamata dal collante del gioco. Mi piace immaginare che il teatro
non sia altro che un play, come dicono gli inglesi, che si debba an-dare
a jouer sul palcoscenico.
Quali sono le difficoltà più ricorrenti per gli
allievi?
Il problema principale che incontro più spesso è la difficoltà
di pensare l'azione teatrale come un "lasciare andare". Di
solito si pensa che per essere efficaci bisogna fare, essere attivi,
costruire movimenti, aggiunge-re espressioni del volto e così
via. Invece la cosa più difficile è essere semplici, arrendersi
all'evidenza, abitare quel momento presente che stiamo condividendo
con gli spettatori senza sovraccaricarlo di esibizionismo. La soluzione
di questo problema sta nella sincerità, e questa non la si può
insegnare, la si può solo cercare insieme.
Cosa è necessario per diventare un bravo attore?
Mi piacciono le parole di Antonin Atraud che immagina un bravo attore
come un vetro trasparente. Ecco, io credo che il maggior lavoro su di
sé un attore debba compierlo in quella direzione. Abbandonare
l'idea che in palcoscenico si salga per esibizionismo e ricordare che
il teatro esiste solo quando c'è un rapporto tra attore e spettatore.
Non è un'arte solitaria ma un continuo tentativo di superare
l'incolmabile separazione tra realtà e rappresentazione.
Quanto importante è la tecnica?
Una lente non lavorata è opaca, e non permette di intravedere
che immagini sfocate. La ricerca della nitidezza nella comunicazione
passa attraverso le tecniche.
I tuoi progetti ed impegni futuri?
Si tratta di un momento molto denso di attività. Ti indico due
sogni cui sto lavorando: da una parte l'idea di una giovane compagnia
di Commedia dell'Arte che giri il mondo cui sto lavorando con un amico
regista ed un teatro di Roma. Dall'altro il tessuto di una rete di teatri
che a partire dal sistema dell'area metropolitana veneziana interagisca
con un territorio più ampio. Sto iniziando una bella avventura
di formazione teatrale nella scuola a Treviso, cui dedicherò
molto tempo la prossima stagione, e sto provando i nuovi spettacoli
con Gualtiero Bertelli, la compagnia delle acque e Gianantonio Stella,
in cui lavoro sia come interprete che al videofondale. Ho appena finito
il riallestimento di uno spettacolo cui sono molto affezionato, "Le
stagioni di Giacomo" di Rigoni Stern, che dopo la presentazione
a Milano andrà in tournèè. E soprattutto la direzione
artistica della scuola di teatro di Ossidiana. Non vedo l'ora di cominciare.
Mi prudono le mani.
Gianni Gastaldon
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