OSSIDIANA TIME 13
newsletter semestrale di Ossidiana Centro Culturale e di Espressione

settembre 2000
settimo anno



Come si legge un romanzo (da sé, per sé e senza tanti perché)
Beato chi legge

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OSSIDIANA TIME 25
 

Strano ma vero, anzi: vero ma bello: si può ancora leggere la grande letteratura d’autore di ogni tempo per il piacere disinteressato di farlo.
Sembra uno di quegli slogan pubblicitari che mantengono esattamente il contrario di ciò che promettono. Invece è una realtà simpatica e sacrosanta, per quanto costantemente insidiata dall’industria culturale e dall’istituzione scolastica, rei di aver trasformato la lettura in una penosa sfacchinata o, nel migliore dei casi, in un test per misurare l’intelligenza. E pensare che la letteratura nasce per definizione alla portata di tutti. Basterebbe allungare la mano... Ma la voglia, come farsela venire? come aiutarla a rialzarsi dopo che scuola e televisione l’hanno gambizzata a dovere?
Dal momento che leggere letteratura è un’arte che non ha niente da invidiare all’arte di scriverla, è facile rendersi conto che, come tutte le arti, anche quella della lettura chiede e merita di essere appresa e perfezionata.
E’ necessario quindi intraprendere un’attività propedeutica a quest’arte, un’articolata introduzione che intende sia fornire gli strumenti di pensiero a quanti desiderano riaccostarsi alla letteratura al di fuori dei percorsi scolastici e universitari, sia riconciliare alla lettura coloro i quali si sono stancati di invocare pretesti e ricorrere a stampelle per sentirsi lettori all’altezza della situazione.
Non si tratta di un corso nel senso tradizionale del termine, ma di una corsa incontro a un piacere antico e duraturo. Più che correre, si dis-corre, passeggiando tra boschi e pianure della narrativa europea e americana, alla scoperta di alcune verità tanto utili quanto dilettevoli. Tipo che leggere letteratura non significa per forza di cose doverla studiare. Che si può godere un’opera di narrativa d’autore senza aver fatto il liceo, l’università, il Dams e, incredibile a dirsi, pur avendoli fatti. Che è possibile appassionarsi a un romanzo pur essendo sprovvisti di nozioni di storia, di scampoli di filosofia, di rudimenti di geografia. Via le garzantine o le enciclopedie a fascicoli. Non servono: ogni grande romanzo contiene la sua enciclopedia, e solo leggendolo come si deve la si rimette insieme...
Da questo insieme di considerazioni, è nata l’idea di dar vita al primo, vero corso di introduzione all’arte di leggere la grande letteratura. In un clima informale, aperto all’incontro fra persone che desiderano scoprire o riscoprire il gusto di leggere, il corso si propone di insegnare i metodi e gli stratagemmi per rinvenire all’interno del romanzo i criteri e le indicazioni che aiutano a comprenderlo e ad apprezzarlo di più.
Dopo un paio di lezioni di carattere introduttivo, i partecipanti verranno avviati a un’esperienza di lettura di gruppo. Scelto un romanzo, lo si legge, lo si assapora, lo si centellina, individuandone insieme e di volta in volta gli aspetti più importanti, le qualità di forma e di contenuto, e tutti quei caratteri distintivi che fanno di un’opera letteraria un capolavoro.
Non mancheranno le sorprese. Durante le sessioni di lettura, potranno intervenire in qualità di ospiti autori e scrittori affermati, che metteranno a disposizione dei partecipanti al corso la loro esperienza di lettori “a statuto speciale”.
Marco Cavalli


Shiatsu
Semplici gesti


Quante volte ognuno di noi si è trovato con le dita a massaggiarsi le tempie, o con il palmo della mano a sorreggersi la fronte o ad afferrarsi la spalla, e ancora, con i pollici a premere sulla zona lombare, dopo essere stato a lungo seduto. Piccoli interventi, che tutti noi facciamo, quasi senza accorgerci, alla ricerca di un sollievo immediato. Il significato più profondo di questi piccoli gesti è alla base dello Shiatsu.
Lo Shiatsu, letteralmente pressione con le dita, è un trattamento orientale che, anche se visto in chiave così semplice, affonda in realtà le sue radici molto lontano nel tempo, in Cina. Dalla millenaria medicina tradizionale cinese ha ereditato, cosa che più affascina, la capacità di affrontare la malattia non concentrando l’attenzione sul solo sintomo della stessa, ma vedendola come risultato di uno squilibrio che coinvolge la persona nella sua totalità “corpo-mente” e quindi nel suo stile di vita, nell’insieme delle sue abitudini e dei suoi atteggiamenti verso di essa.
In ogni essere c’è movimento che è energia e per lo Shiatsu tale energia, nell’individuo che è in equilibrio psicofisico, è libera di scorrere fluida lungo canali corporei detti meridiani. Lo Shiatsu agisce attraverso pressioni in sedazione o tonificazione su punti vitali lungo quel o quei meridiani che il “terapista” avverte alterati. E… come “il tarlo non intacca il cardine della porta e l’acqua che scorre non ristagna” così lo Shiatsu riporta il movimento e la giusta fluidità energetica nella zona di stasi in modo del tutto naturale e ripristinando così, volta per volta l’equilibrio perduto.
Ma lo Shiatsu non si ferma qui, oltre a portare la persona a conoscenza dei sui punti di forza e di debolezza, diventa scuola di vita nel momento in cui comincia a sensibilizzare terapista e ricevente nella ricerca di quell’armonia vitale che va oltre il trattamento stesso, nel mondo circostante.
Nasce allora, poco a poco, un modo migliore di attingere energia, attraverso la ricerca di un’alimentazione più attenta e una respirazione più corretta, un migliore ascolto del proprio corpo, una migliore consapevolezza di sé, dei propri naturali limiti e tutto ciò atteggiandosi con maggior volontà e fiducia alla vita stessa accettando i suoi continui e armoniosi cicli.
Davide Toniolo


“the wild is rising"
Il CD di Jonathan Hart Makwaia

Anche quest’anno l’iniziativa “Al di là del mare”, workshop per il teatro, ha avuto pieno successo dimostrato dal consenso entusiasta e caloroso dei partecipanti e dalla disponibilità e professionalità dei docenti. Fra questi Jonathan Hart Makwaia, dopo il laboratorio di vocalità ci ha regalato un suo ricordo, una sua traccia autentica ed appassionante in “the wild is rising”, suo ultimo CD, di cui riportiamo la suggestiva presentazione scritta da Rosanne Cash, cantautrice americana, vincitrice di due Grammy Awards.
E’ stato mio privilegio essere studente, amica e grande ammiratrice di Jonathan Hart Makwaia per quasi una decina d’anni. Jonathan per me è la voce della libertà. In quella magnifica voce ci sono quasi più caratteri, colori ed emozioni di quelli che un corpo possa avere. Jonathan direbbe che non è lui a possederli, che esistono per loro stessi. Ma con quanto sorprendente rispetto e chiarezza li rivela tutti: gioventù e vigore, età e nostalgia, potere e dolcezza, lamento doloroso della perdita, volo vertiginoso della gioia, solo per sfiorarne la superficie. Sotto questo riflesso pieno di vissuto c’è qualcosa di ancora più sottile e feroce: il suono trionfale del proprio DNA. In Jonathan l’Africa dell’est incontra l’East Village di New York. Cruda bellezza tribale e ritmi antichi si scontrano direttamente con gusti sofisticati e sensibilità urbana, struttura musicale popolare, ed anche un po’ di classica e blues. L’insieme è stupefacente.
Non intendo dire che Jonathan non abbia limiti, ma mi è decisamente impossibile pensare ad uno stile, ad un’eredità che egli non potrebbe esplorare con autorità. Ma qualsiasi siano i limiti, di struttura fisica o di relativa giovinezza, la voce di Jonathan è quella liberata; nuda e forte, potente, evocativa e vulnerabile. La sua voce non è strozzata dalla paura, non è deformata dalla autocoscienza, non si sforza di piacere: è un dono straordinario per quelli di noi che aspirano allo stesso tipo di libertà.


L'intervista a
Gianni Gastaldon
Vuole rendere chiaro e comprensibile ciò che insegna per usare il computer
in modo autonomo e personale


A Ossidiana fra le attività utili ad ampliare le conoscenze e le abilità ci sono anche i corsi di informatica, per far fronte alle sollecitazioni del vivere quotidiano che richiede sempre più specializzazione, ma anche per stare al passo con i tempi senza sentirsi lasciati da parte e superati solo perché non si sanno usare gli strumenti delle tecnologie attuali. Fra i nostri insegnanti del settore c’è Gianni Gastaldon, capace e paziente, che si dedica a quest’attività con grande entusiasmo, accompagnando per mano i suoi allievi a scoprire e utilizzare Windows, Word e Internet.

Le tue lezioni sono molto frequentate. Cosa dovrebbe essere in grado di fare un corsista dopo un corso di base?
Un corso di base è come una scuola guida: alla fine di un ciclo di lezioni l’allievo può condurre da solo la “macchina” perché ha raccolto, provato, memorizzato, automatizzato e compreso un’ingente ed intricata quantità di informazioni e di azioni che lo mettono in condizione di essere autonomo.
Quali sono le difficoltà più ricorrenti per gli allievi?
Il primo approccio al computer, per gli adulti, è in genere difficoltoso, data la novità del linguaggio e delle procedure da applicare per un corretto funzionamento dei programmi. I procedimenti sono numerosi e rigidi e questo di certo non semplifica le cose
Come riesci a far superare queste difficoltà durante le lezioni?
Per me il problema riguarda innanzitutto la scelta degli elementi da trasmettere, cioè non posso trascurare l’essenziale, ma neanche esagerare nella quantità. Cerco di rendere chiaro e comprensibile ciò che insegno trattandosi di una materia nuova per i neofiti, piena di termini sconosciuti, di logiche insolite, di procedure standardizzate e rigide da rispettare, affinché gli allievi raggiungano le competenze necessarie al corretto funzionamento del pc. Per far superare l’acquisizione passiva delle procedure, li porto a capire i motivi per cui si agiscono alcuni comandi, in quanto chi ha programmato un software aveva la sua logica: riuscire ad entrare in quella logica facilita l’apprendimento,l’autonomia operativa e la generalizzazione dei processi.
Che metodo usi nelle tue lezioni?
Il metodo di lavoro è essenzialmente operativo. I corsisti devono eseguire le procedure praticamente. A questo proposito mi piace citare la frase di Confucio che dice “quello che sento lo dimentico, quello che vedo lo ricordo, quello che faccio lo comprendo”.
Quando sei soddisfatto come insegnante?
Quando vedo che non hanno più soggezione della macchina, ma soprattutto quando hanno chiaro quello che fanno e osano provare nuovi percorsi da soli ottenendo risultati.
Cosa dà soddisfazione agli allievi?
Bisognerebbe chiederlo a loro, ma ciò che osservo è da una parte la soddisfazione per i neofiti di riuscire a fare cose che prima non avrebbero mai provato o pensato, dall’altra, per chi già aveva iniziato da solo i primi passi, la sistematizzazione delle conoscenze e soprattutto la comprensione delle potenzialità e dell’utilità del computer… finalmente affrancato dall’umile ruolo di macchina per scrivere.
Cosa ti piace di quest’attività?
Tutto: utilizzare il computer; trasmettere le mie conoscenze; continuare ad acquisirne. Più si studia una materia e più si scopre di saperne poco: è una legge ferrea.
Qualche consiglio per chi usa il computer?
Innanzitutto usarlo tanto. Quando non si padroneggia con disinvoltura l’uso della bicicletta si è portati a credere di più nell’utilità dell’andare a piedi; allo stesso modo con il computer: all’inizio si è disorientati ed increduli rispetto alle sue potenzialità e, delusi dalle difficoltà, si pensa già con nostalgia alla velocità pratica della scrittura a mano. L’uso del pc richiede un modo nuovo di pensare, una disponibilità mentale da compensare con la costanza e l’applicazione. Il segreto sta nel provare e riprovare le procedure a piccoli passi, con mete vicine, che da semplici diventano gradualmente più complesse, per acquisire sicurezza. Allora si può padroneggiare e prevedere la risposta della macchina. Perché il pc non vive di vita propria, non opera scelte e tutto ciò che fa è perché noi gli abbiamo ordinato di farlo, anche in modo creativo!
Enrico Antonello